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Le mostre

A noi fu dato in sorte questo tempo 1938 - 1947

1938: foto di gruppo

La mostra è stata incentrata sulla storia di giovani, assolutamente “normali” che, come afferma Silvio Ortona hanno avuto in sorte un tempo straordinario e hanno dovuto confrontarsi con scelte drammatiche ed alcuni di loro hanno conosciuto il dramma della deportazione.

Le storie dei singoli incrociano la grande storia e si inquadrano in eventi assai complessi che sottendono a nodi storiografici di grande rilevanza come il rapporto resistenza- fascismo-mondo ebraico.

La mostra ha raccontato la storia di alcuni giovani e del tempo che hanno attraversato: è la storia d’amore e di amicizia di un gruppo di ragazzi.

La maggior parte di loro erano ebrei ed hanno dovuto fare i conti con l’essere rifiutati ed esclusi dalla società civile, hanno provato allora a confrontarsi fra di loro e ad allontanarsi da quel regime fascista che li aveva costretti a riconoscersi ebrei.

Erano tutti intellettuali, studenti appena laureati e amanti della montagna, che giocherà un ruolo non irrilevante nella loro vicenda.

Gli amici si chiamavano Alberto Salmoni, Bianca Guidetti Serra, Silvio Ortona, Emanuele Artom, Luciana Nissim, Vanda Maestro, Eugenio Gentili Tedeschi, Giorgio Segre, Franco Momigliano, Giorgio Diena, Primo Levi, Ada Della Torre, Franco Sacerdoti.

La biblioteca e la montagna

Le leggi razziali ebbero un impatto psicologico sugli ebrei italiani che si trovarono a dover fare i conti con la propria identità ebraica.

Questo spinse un gruppo di amici ebrei torinesi a frequentarsi con regolarità presso la biblioteca della scuola ebraica, situata presso il Tempio in via Sant’Anselmo e completamente distrutta in un bombardamento del 1942.

In questo contesto si strinsero amicizie destinate a diventare fondamentali e a durare nel tempo. La montagna rappresentò il rifugio, il momento dell’evasione, della fuga da una società che li aveva di fatto emarginati.

A partire dal 1942 una parte del gruppo si trasferì a Milano e continuò ad incontrasi in casa di Ada della Torre: la sua casa diventerà il centro di ritrovo di questi torinesi trasferitisi a Milano per cercare di lavorare, magari sotto falso nome.

La casa di Ada è metaforicamente simile alla Biblioteca e costituisce l’ultimo rifugio prima che la grande storia costringa tutti i ragazzi e le ragazze del gruppo a compiere una precisa scelta di campo.

La resistenza

Con l’8 settembre 1943 per gli ebrei non si trattò più di persecuzione dei diritti, ma delle vite. L’Italia fu divisa in due, iniziarono i rastrellamenti degli ebrei.

La prima strage avvenne sul Lago Maggiore, a Meina: era il 13 settembre 1943, la prima grande retata contro gli ebrei si verificò a Roma il 16 ottobre 1943: più di mille persone uomini, donne, bambini furono chiusi nei vagoni piombati e deportati ad Auschwitz.

Il gruppo della biblioteca iniziò a disperdersi: alcuni scelsero senza esitazione la via della montagna, altri sono stati più esitanti, tuttavia la montagna sembrò essere il luogo a cui tutti naturalmente guardarono come ad un rifugio. Per molti lo è stato, per alcuni risulterà fatale.

Primo Levi Luciana Nissim e Vanda Maestro Insieme danno vita ad una piccola banda partigiana presso Amay. Vengono arrestati il 13 dicembre 1943 e dopo un mese di carcere ad Aosta vengono trasferiti a Fossoli e di lì ad Auschwitz-Birkenau. A Fossoli si unisce a loro Franco Sacerdoti, arrestato in val di Lanzo.

Giorgio Diena è arrestato a Genova nel 1943, esce dal carcere nell’agosto, dopo l’8 settembre entra nella Resistenza e partecipa all’organizzazione dei primi nuclei partigiani in Val Pellice, in seguito è stato attivo a Torino come membro dell’esecutivo del PdA.

Eugenio Gentili Tedeschi Dopo l’8 settembre si rifugia con i genitori a La Salle, in Valle d’Aosta. Arrestato, è rinchiuso nelle carceri di Aosta dal 13 giugno al 17 luglio 1944 e viene liberato fortunosamente grazie anche all’aiuto di Carla Consonni.

Dopo la scarcerazione si unisce ai partigiani, entrando nella banda Arturo Verraz, nella valle di Cogne.

Bianca Guidetti Serra Grazie a Franco Momigliano conosce Vittorio Foa e sua moglie Lisetta. E’ tra coloro che a Torino organizza i “Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà”. Bianca collabora attivamente con Ada Gobetti e resta inoltre il punto di riferimento per gli amici ebrei scesi in clandestinità.

Franco Momigliano Dopo l’8 settembre partecipa attivamente alla Resistenza come commissario politico per conto del Partito d’Azione.

Durante il rastrellamento che colpisce la val Germanasca riesce a fuggire, viene in seguito spostato a Milano, ma viene arrestato. In carcere è riconosciuto come ebreo e partigiano e torturato. Riesce a fuggire grazie all’audace piano orchestrato da Vittorio Foa e sua moglie Lisetta Giua.

Silvio Ortona Durante la guerra partecipa alla Resistenza nel biellese, è uno dei fondatori della seconda brigata Garibaldi e diventa comandante con il nome di battaglia “Lungo”.

Emanuele Artom Nonostante il suo fisico fragile decide che è impossibile non agire ed è attivo come commissario politico a Barge. Durante la clandestinità scrive il Diario partigiano. Durante il rastrellamento che colpisce la Val Germanasca nel marzo 1944 non riesce a sottrarsi alla cattura e viene orrendamente torturato.

La deportazione: Fossoli

Primo Levi, Luciana Nissim e Vanda Maestro si dichiarano ebrei e dopo un mese trascorso nella caserma di Aosta vengono trasferiti a Fossoli. Fossoli presso Carpi di Modena era il più grande campo di transito italiano.

Da qui sono partiti 6 convogli con direzione Auschwitz. Tuttavia almeno nel periodo che vi sono rinchiusi Primo, Luciana e Vanda le condizioni di vita sono sopportabili e le famiglie possono restare unite. Qui Luciana Primo e Vanda restano un mese e a loro si unisce Franco Sacerdoti, un ragazzo ebreo napoletano che si era trasferito a Torino e che era stato arrestato in Val di Lanzo.

I quattro costituiscono un quartetto indivisibile: quando viene loro detto che l’indomani avrebbero dovuto partire per “ignota destinazione” stavano cucinandosi degli spaghetti. Fossoli rappresenta nell’universo concentazionario l’inizio di un imbuto che ha al fondo Auschwitz.

Auschwitz

Qui Primo, Luciana, Vanda e Franco arrivano dopo un viaggio di 4 giorni e subito Franco e Primo sono separati dalle donne.

Alla banchina della judenrampe si salutano rapidamente pensando di rivedersi. Franco e Primo sono immatricolati a Monowitz il grande complesso industriale che faceva parte del complesso concentrazionario di Auschwitz.

Luciana e Vanda entrano a Birkenau, che è il cuore dello sterminio: qui sono infatti collocate le grandi strutture di messa a morte fornite di camera a gas e forni inceneritori che nel febbraio 1944 funzionavano a pieno ritmo.

Di ogni convoglio solo il 10% circa entrava in campo: tutti gli altri finivano in gas. Per i quattro amici inizia una vita inenarrabile. Luciana e Primo hanno la fortuna di poter lavorare l’una come medico nell’infermeria del campo, e l’altro nel laboratorio chimico di Monowitz.

Franco e Vanda sono meno fortunati. Vanda è da subito una sommersa: in breve si riduce pelle e ossa. Luciana la va a trovare ogni sera ma può fare poco per lei. In agosto Luciana ha la possibilità di andarsene dall’inferno di Birkenau.

Viene trasferita a Hessisch Licthenau, un sottocampo dipendente da Buchenwald. Farà ritorno in Italia nel luglio del 1945. Vanda muore durante una delle ultime gassazioni nell’autunno del 1944.

Franco resiste, ma durante l’evacuazione da Auschwitz nel gennaio del 1945 viene ucciso nei pressi di Gleiwitz. Primo torna a Torino, dopo aver vagato per mezza Europa, nell’ottobre del 1945. Luciana scriverà nella sua testimonianza su Birkenau “Di Franco e Vanda non ci restano che due fotografie.”

Gli altri componenti del gruppo sono dispersi nelle diverse brigate partigiane: Silvio Ortona nel Biellese, Bianca Guidetti Serra fa la staffetta e resta fino alla fine della guerra il punto di contatto per gli amici ebrei dispersi, Eugenio Gentili Tedeschi è in Val d’Aosta. Franco Momigliano e Emanuele Artom sono in Val Pellice.

Emanuele pur con la sua timidezza e la sua fragilità conosce la dura vita della montagna partigiana. Nel 1944 durante un rastrellamento in Val Germanasca Emanuele viene preso e morirà sotto le torture. Il suo corpo non è mai stato trovato.

Franco riuscirà a fuggire, ma verrà trasferito a Milano, ospite di Carla Maestro Consonni. Riconosciuto per strada come partigiano, sarà rinchiuso a San Vittore, dove viene riconosciuto come ebreo e militante del Partito d’azione.

Quando già teme per la sua vita, viene fatto fuggire rocambolescamente da San Vittore: la sua fuga è orchestrata da Vittorio Foa e da sua moglie Lisetta. Dopo la fuga Franco ripara a Torino e partecipa alla liberazione della città.

Alla fine di questi lunghi viaggi e di questi percorsi tortuosi la fotografia si ricompone: alcuni mancano all’appello, altri hanno vissuto esperienze profondamente traumatiche, tutti sono stati segnati da quegli anni così dolorosamente vissuti. Hanno continuato ad essere amici.